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[ Agosto 16, 2023 0 Comments ]

PERCHÉ LA TASSA SUI PROFITTI BANCARI È GIUSTA

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PERCHÉ LA TASSA SUI PROFITTI BANCARI È GIUSTA

Leggendo le bozze del MEF, si dovrebbero tassare i cosiddetti extraprofitti e cioè il 40% dei maggiori margini di interesse generati dalle banche nel 2023 con un tetto dello 0,1 del totale degli attivi, constato come naturale che sia, le reazioni di vari economisti o meglio banchieri che con argomentazioni tecnicamente ineccepibili cercano di spiegare quali potranno essere gli effetti negativi della suddetta, ancora non definitiva, norma.

Non siamo in una sede istituzionale e cercherò, considerato il pubblico a cui è rivolto tale articolo, di spiegare senza particolari tecnicismi il mio pensiero.

I soli numeri necessari da ricordare per capire la mia riflessione sono il costo della tassa sugli extraprofitti, che dovrebbe aggirarsi tra i 3,1 e i 2,6 MLD di euro a seconda della deducibilità o no della stessa tassa ma non dobbiamo  dimenticare il costo per lo stato e quindi per i cittadini dei salvataggi bancari tra il 2013 ed il 2017: per il salvataggio degli istituti di credito sono stati spesi circa 700 milioni di euro, investiti da Cassa Depositi e Prestiti e Poste Italiane in Fondo Atlante 1 e i 4,8 miliardi destinati a Banca Intesa come contributo di capitale e per la ristrutturazione del business. Questi soldi non potranno essere recuperati. Non vengono considerati in questa analisi i soldi dati per il salvataggio di Carige che hanno gravato principalmente su risparmiatori e piccoli azionisti.

Ciò che è stato stanziato dallo Stato in quegli anni, si è aggira tra i quasi 13 ed e i 19 miliardi di euro. Alcuni di questi potrebbero tornare indietro ma ancora corre l’obbligo utilizzare il condizionale.

Tra capitali e risparmi azzerati, interventi diretti del sistema bancario e intervento pubblico, il costo totale si è aggirato intorno ai 68 miliardi di euro, di cui se volessimo utilizzare una media circa 15 miliardi sono stati coperti dallo Stato.

Tutto ciò per salvare il sistema finanziario ed economico degli Stati considerato anche il valore del debito pubblico in pancia agli stessi istituti per dare fiducia agli operatori economici.

È innegabile come, la certezza delle regole del gioco, assuma una grande rilevanza sulla fiducia, da parte dei terzi, verso il sistema “Paese” e come intervenire in tema di tassazione sui famigerati “extra-profitti”, a prescindere dalla modalità di calcolo, non è acquetabile in una vera economia di mercato.

Sono contrario alla demonizzazione del profitto e contestualmente reputo giusto che la politica intervenga con gli strumenti di cui dispone per una maggiore distribuzione della ricchezza a favore dei bisognosi e quando è necessario si legiferi anche su una risposta solidale tra i diversi attori che compongono la nostra economia.

Per essere più chiare e più esplicito mi chiedo:

  1. Perché, a seguito della politica monetaria restrittiva della BCE, i tassi sono aumenti solo per la remunerazione del debito (interessi passivi) mentre ancora oggi la remunerazione della liquidità sui c/c è ancora prossima allo zero? Quale regola finanziaria ovvero quale regola di libero mercato permette tale distonia a danno dei risparmiatori Italiani?

Sarebbe bello leggere altrettanti articoli, con la stessa veemenza e impegno dottrinale sulla giustizia sociale e sul libero mercato, da parte dello stesso sistema finanziario, in cui viene evidenzia tale distonia che rappresenterebbe certamente un maggior costo per il sistema bancario, ma che certamente renderebbero più condivisibili ed accettabili le preoccupazioni dell’ABI (Associazione Bancaria Italiana), principale sindacato bancario del Paese. Come accennato per semplicità di lettura non mi dilungo in questa sede sulle numerose norme fiscali, da parte di tutti i governi di sinistra, destra o centro, che hanno migliorato ovvero agevolato i bilanci delle stesse banche.

  1. In ultima analisi mi chiedo, dov’era l’economica di mercato, la fiducia degli investitori, gli impatti negativi sulla concessione del fido, la certezza delle regole, la proprietà privata ma soprattutto il libero mercato quando si è chiesto agli Stati Europei ed occidentali e quindi a tutti i cittadini di indebitarsi per salvare le banche fallite?

Quando la speculazione sui derivati (ancora viva ed in aumento rispetto gli anni 2008/2018) ha fatto rischiare una nuova era della pietra con intere economie a rischio collasso?

 

Ritenevo in quel tempo giusto salvare il sistema finanziario con i soldi pubblici (era il male minore) così come ritengo giusta ora ricorrere alla famigerata tassa sugli extraprofitti, considerando che la base imponibile su cui viene calcolata è proprio quella differenza tra interessi passivi e attivi che a mio avviso, soprattutto sulla remunerazione della liquidità sui c/c, il sistema finanziario non si è in alcun modo volontariamente adeguato.

 

Se l’ABI, nella sua qualità di sindacato, riuscirà a rendere la tassa deducibile e dunque meno costosa per le banche, avrà fatto il suo lavoro, ma consiglierei equilibrio e memoria.

Massimiliano Napoletano

 

 

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[ Luglio 6, 2022 0 Comments ]

UNO SGUARDO SULL’ANALISI TECNICA

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UNO SGUARDO SULL’ANALISI TECNICA

Buongiorno, oggi mi dedico all’analisi tecnica, delineando i tratti generali, i principi, una breve descrizione della tecnica che impieghiamo, concludendo con una breve analisi della situazione attuale su azioni obbligazioni e materie prime e il relativo scenario atteso.

L’ Analisi Tecnica, di seguito AT, si basa sul presupposto  di poter utilizzare il comportamento dei mercati come sostituto dell’andamento dell’economia in grado di fornire indicazioni utili di natura previsionale, include diverse teorie e modalità di valutazione soprattutto grafiche ma non solo. È utilizzata da professionisti e analisti anche se i commenti e le indicazioni presenti sul web ne restituiscono una rappresentazione semplicistica e molto commerciale.

L’utilizzo dell’AT deve essere contestualizzato nel profilo di investimento, nel contesto informativo e di mercato, per la complessità e la natura delle relazioni e delle interazioni tra le variabili di investimento.

La rappresentazione delle informazioni nel documento, per quanto sia riferita alla attuale situazione di mercato,  ha solo valore divulgativo, non ha valore di consulenza  ne rappresenta una indicazione di investimento.

Le informazioni apprese potranno essere utili per una comprensione del quadro generale, nel modo in cui verranno esposte sarà possibile comprendere le correlazioni, ma non allineare l’operatività in ordine temporale, ovvero collocare nel tempo la sequenza di eventi attesi relativi alle analisi indicate.

 

Inoltre, qualsiasi decisione, deve sempre essere coerente al profilo di rischio, alla conoscenza, esperienza, alla posizione finanziaria, allo stile di ogni investitore.

 

Il documento non contiene raccomandazioni, si limita a descrivere uno scenario, in conseguenza del quale, l’investitore secondo il suo profilo e le personali caratteristiche, potrà pianificare le azioni e scegliere, tra l indicazioni, quelle da seguire in funzione delle personali motivazioni e della sua visione delle cose.

 

A questo punto allora perché fornire degli scenari? Per quanto alcuni preferiscano e valutino come più importante, disporre delle indicazioni (in realtà è solo più comodo, la semplicità con la quale si può disporre delle indicazioni è preferita all’utilità del metodo utilizzato), evitando di dedicarsi alla comprensione degli scenari (sicuramente più articolata e complessa), ricordo che l’indicazione, es: di acquisto o vendita, non ha alcun valore se non è inserita in un  set di informazioni compreso l’ambiente di riferimento e il contesto dell’investitore deputato a riceverla, le indicazioni terapeutiche di un medicinale, non sono utili in assenza di una anamnesi e diagnosi del soggetto, di un quadro clinico, sarebbe controproducente.

Se non si è interessati agli investimenti, non ci si dovrebbe preoccupare di investire anche nel caso in cui si proponesse un guadagno!

Inoltre, mentre il singolo “suggerimento” o indicazione, è inserito in un contesto informativo che non conosciamo, la formulazione degli scenari è un processo all’interno del quale si possono considerare e condividere le informazioni (contesto valutativo e di consapevolezza), che consente di valutare diverse opzioni in funzione delle personali caratteristiche (non solo l’indicazione proposta) e inoltre (è l’aspetto in assoluto più importante), consente di valutare costantemente la validità dei presupposti ed eventualmente correggerli perché, quanto emerge quotidianamente dalla realtà,  viene inserito nello scenario, rielaborato ed è in grado di restituire una nuova visione e riformulare le ipotesi (prontezza e celerità dell’intervento).

Gli strumenti, la tecnica non restituiscono il risultato, rappresentano il mezzo attraverso il quale il professionista è in grado di raggiungerlo aiutandolo a correggersi.

La chiave per raggiungere qualsiasi risultato è nella capacità di correggersi, sembra un paradosso ma solo chi ha chiaro l’obiettivo è in grado di correggersi.

Utilizziamo diversi modelli di AT come strumenti di orientamento complementari. L’analisi tecnica per me/noi non è l’obiettivo (non vendiamo informazioni), ma è uno strumento per costruire un contesto informativo all’interno del quale svolgere attività di consulenza.

Andiamo nel concreto: Il metodo di AT che preferiamo è il modello INTERMARKET, ovvero le tecniche di analisi applicate contemporaneamente su diversi asset di investimento o variabili macro.

I mercati azionari, obbligazionari, delle valute, delle materie prime e dei tassi di interesse si influenzano reciprocamente, sono strettamente correlati ed interdipendenti.

Il processo di analisi  è di tipo Top Down (dal generale al particolare), è quindi il  contesto generale a guidare le analisi e le opzioni di scelta, in particolare nella individuazione delle variazioni dei trend principali.

Il quadro generale della situazione attuale è particolarmente interessante, è caratterizzato da una situazione potenzialmente dirompente e di grande cambiamento con conseguenze potenzialmente rilevanti nei mercati finanziari, obbligazioni e azioni , e nell’economia reale.

Mercati azionari: lo scenario è quello di un mercato ribassista potenzialmente di lungo periodo. Ci aspettiamo l’intensificarsi del movimento correttivo, anche a partire dai prossimi giorni, un recupero,  sempre possibile,  non cambierebbe lo scenario fortemente ribassista. Sono interessati tutti i mercati azionari in particolare i titoli/indici rappresentativi delle aziende di minori dimensioni, negli USA l’indice RUSSEL 2000 è il candidato osservato n°1, insieme ai principali indici azionari. Mentre gli indici dell’area ASIA potrebbero subire impatti meno rilevanti. In gergo tecnico il movimento di ribasso atteso è classificato come onda 3 di 3 (teoria di Elliott), tecnicamente il movimento di massima intensità ed ampiezza .

Obbligazionario: le obbligazioni, hanno subito le perdite più rilevanti dal 2008, sia in termini assoluti che relativi dovuto al rialzo dei tassi di interesse ( l’andamento dei mercati obbligazionari è inversamente proporzionale all’andamento dei tassi di interesse, se i tassi salgono le obbligazioni scendono e viceversa), un movimento avvenuto parallelamente alla correzione dei mercati azionari.

Dal giorno 8 marzo 2020 il titolo del tesoro americano a 30 anni perde circa 60 punti (non il 60%), dalla quotazione di 190 raggiunta nel 2020; perdite simili, per quanto inferiori dovute alle caratteristiche dei singoli titoli, si sono registrate su tutte le altre obbligazioni governative compreso l’Europa dove il bund è passato dal rendimento negativo di -0,80% al rendimento del 2,2% un movimento estremamente ampio a dispetto dei rendimenti assoluti che si mantengono sempre nominalmente bassi.

Per fornire una indicazione utile a comprendere la dimensione del fenomeno, la sensibilità del prezzo di una obbligazione a 10 anni alla variazione del tasso di riferimento è orientativamente 7X la variazione del tasso; di conseguenza se il bund passa da un rendimento a scadenza negativo di -0,80 ad uno positivo di 2,2% , la variazione è di circa il 3% , che corrisponde ad una variazione negativa nell’ordine del 20%.

 Fig 1 Andamento del BTP da traderlink

Naturalmente le obbligazioni con rating inferiori hanno moltiplicato le perdite dovute all’ampliamento degli spread vedi BTP italiano o rendimenti di obbligazioni di aziende con rating inferiori.

Materie prime: l’indice CRB che replica un paniere di 19 materie prime ponderato per il 39% sull’energia; 41% in agricoltura; per il 7% sui metalli preziosi e per un 13% sui metalli industriali e di base preziosi e comprende Alluminio; Cacao; Caffè; Rame; Mais; Cotone; Olio crudo; Oro; Olio bollente; Maiali magri; Bovini vivi; Gas naturale; Nichel; Succo d’arancia; RBOB benzina; D’argento; semi di soia; Zucchero; e Grano, dopo aver registrato un massimo, sembra aver concluso o sia nello stadio finale del primo movimento rialzista.

Fig 2 CRB da traderlink

In sintesi, il completamento di questo primo rialzo, sarà seguito da una successiva fase correttiva (prezzi più bassi, WTI intorno ai 60 usd), e poi seguita da un successiva e probabilmente maggiore fase rialzista dei prezzi.

Il rialzo dei prezzi delle materie prime sembra aver concluso o stia concludendo solo il primo ciclo di rialzi, ripeto ancora che un rialzo delle materie prime non è necessariamente legato all’inflazione, tuttavia anche le obbligazioni sembrano trovarsi in una situazione simile, tuttavia il rialzo dei rendimenti delle obbligazioni potrebbe dipendere anche dalla minor fiducia degli operatori, ad esempio: a seguito di un deciso deterioramento del quadro economico e aumento dei default.

Fig. 3 Commod CRB Idx (base mensile dal 2005 ad oggi 01 luglio 2022)

Fig 4 CRB (frame a 3 giorni da giugno 2020 ad oggi 01 luglio2022)

La situazione generale: il movimento rialzista principale sui mercati azionari, iniziato a marzo 2020 appare concluso (scenario principale del modello di analisi),  ricordiamo che il modello non fa una previsione nel senso di anticipare qualcosa dal futuro, ma l’analisi è sulla base di un modello predittivo ovvero, sofisticazione dei termini a parte, il modello predittivo lavora in modo analogo a come gli individui valutano ed assumo le decisioni, ovvero, analizza quanto accaduto ( gli individui “confrontano” il presente con le informazioni custodite nella memoria) e ne traggono informazioni sui possibili sviluppi assegnando delle probabilità e correggendosi ( in modo analogo il presente accresce la nostra esperienza e guida le future decisioni,  conferma la scelta oppure la rielabora in funzione delle nuove esperienze).

L’analisi, come l’individuo, cerca a partire da ciò che conosce, ed utilizza le nuove informazioni integrandole nel modello. Più ampia è la conoscenza, maggiore sarà la capacità di predire un comportamento, non sappiamo cosa accadrà, ma possiamo supporre cosa probabilmente potrà accadere in corrispondenza del quadro delle informazioni, pur rimanendo gli esiti incerti.

Se la scena è di due auto che procedono ad elevata velocità, avvicinandosi all’incrocio senza rallentare e considerare gli stop, posso predire l’urto, se le velocità e gli angoli di incidenza sono i medesimi degli avvenimenti precedenti, posso predire la gravità del danno a persone e cose ma, ad esempio, non potendo osservare la posizione degli occupanti, è possibile che questa comporterà probabilmente esiti diversi dai casi precedentemente rilevati.

Per fornire una indicazione di massima utile ad orientare alcune valutazioni riassumo:

L’enorme massa di liquidità riversata nei mercati dal 2008 (non cerco di individuare cause ed effetti quanto fatti e relazioni), e da ultimo nel 2020 in occasione del COVID, ha predisposto le condizioni (una dinamica simile era già in atto), di un quadro inflattivo nell’economia reale e deflattivo delle quotazioni dei mercati finanziari di azioni e obbligazioni.

L’errore originale è possibile individuarlo nella valutazione politica delle decisioni economiche e di politica monetaria, prone alle decisioni politiche (mancanza di indipendenza) da cui discendono alcune considerazioni:

  1. Aver erogato enormi quantità di denaro, in particolare in USA, sia direttamente che tramite sussidi ed aver valutato in modo errato l’origine della crisi da COVID caratterizzata da un blocco lato offerta, contro la quale la politica monetaria è impotente, ed aver risposto con politiche monetarie espansive, è come se il cavallo non bevesse e noi ci occupassimo di aumentare l’acqua a disposizione.
  2. Generando Inflazione (già in essere per quanto evidente solo sui mercati azionari ed obbligazionari). Ricordo che l’inflazione è un fenomeno monetario (distinto dal rialzo dei prezzi), in relazione alla quantità dei prodotti disponibili; es: se dispongo di 1000 euro per acquistare una penna, l’aumento da 1000 a 2000 euro della quantità di moneta non sarà utile per acquistare 2 penne se non son disponibili (problema covid lato offerta e inefficacia, oltre al possibile danno, della politica monetaria), in questo caso la penna aumenterà di prezzo e per tutti, portandosi a 2000 euro, essendo il solo e unico prodotto disponibile. Se invece aumenta il costo delle materie prime a seguito di un qualsivoglia shock lato offerta, aumenterà il costo della plastica e quindi della penna, di conseguenza se dispone di 1000 euro non riuscirò ad acquistarla ma non è aumentando la quantità di moneta che risolvo la situazione, in questi casi infatti non si parla di inflazione (tendenza sempre di lungo periodo), ma di rialzo dei prezzi (fenomeno temporaneo se esogeno a dispetto dell’inflazione), in questi casi l’acquisto a prezzi più elevati genera un razionamento delle risorse ed una valutazione del costo opportunità (cambiamento dei prezzi relativi), il quale comporta una revisione della spesa ma non una perdita del potere di acquisto come l’inflazione, infatti il minor consumo della penna ( in quanto è aumentato il costo delle materie prime), ricomporrà l’aumento della materia a prezzi più bassi, precedenti l’aumento (azione della riduzione della domanda di penne a favore delle “matite”), ed un ritorno alla normalità.
  3. L’aumento dei prezzi ha generato o sostenuto una aspettativa di aumento dell’inflazione che ha determinato il rialzo dei tassi di interesse dai quali è partita una spirale sui titoli di stato, sulla ridefinizione dei rapporti di prezzo sui mercati azionari a seguito dei maggiori oneri finanziari ed aumenti delle materie prime che scontano riduzioni dei margini operativi o della maggior spesa per consumi, una cascata di considerazioni, qui semplicemente descritte, delle aspettative di inflazione. Altre considerazioni come l’entità dei sussidi, l’abbandono da parte dei lavoratori della ricerca di occupazione, ha generato altre condizioni, cause e concause della situazione attuale.
  4. In questo quadro il proseguimento della fase correttiva dei mercati finanziari sembra scontare il rialzo dei tassi e dei minori flussi dovuti all’incremento dei costi di produzione, sia in ordine all’aumento delle materie prime che riguardo allo shock lato offerta aggravato dalla condizione militare in ucraina, che potrebbe portare un aggravamento della situazione politica tra Usa e Cina.

Considerazioni aggiuntive

Dal mio punto di vista tra i più importanti vantaggi dell’analisi tecnica troviamo: la possibilità di ampliare l’orizzonte dell’analisi ad una molteplicità di variabili e comparare i dati alla ricerca delle correlazioni utile, ad esempio per individuare dei punti di svolta, anche grazie anche ad altri indicatori e con specifici presupposti fornire indicazioni di prezzo, target.

Vi saluto lasciando un ultima annotazione, per quanto la AT divida le opinioni, da sempre professionisti e non professionisti, cercano di “prevedere”, anticipare l’idea di cosa avverrà in futuro; questo comportamento è naturale come pensare “che giorno sarà domani” ed è insito nello “scambio”; se non ci fosse una aspettativa, un desiderio, la speranza di qualcosa, chiamatelo come volete, non ci sarebbe l’economia, lo scambio di beni.

I due principali strumenti di analisi in tutte le forme, modalità e tecniche, si dividono in Analisi Tecniche e di Tipo Fondamentale, ciascuna con le sue caratteristiche e limiti.

Nella gestione dei portafogli a ciascuna tipologia di analisi è assegnato un peso  specifico in abbinamento ad altre considerazioni e valutazioni riferite al contesto ambientale e informativo.

Il futuro nessuno lo conosce e per definizione possiamo attenerci, ci è consentito, ad ipotizzare e approssimare la “forma”.

L’analisi tecnica è una proiezione dei dati passati, quella fondamentale utilizza solo dati passati, “vecchi” di mesi e per definizione non attuali , immaginate il PIL, tra revisioni e comunicazioni abbiamo il dato del PIL del 31/12  di ogni anno, almeno 3-5 mesi successivi e considerate che le dinamiche che agiscono per generarlo sono antecedenti di almeno 12 mesi la sua formazione; i due metodi di analisi hanno limiti molto simili ma, l’AT potrebbe avere un vantaggio, quella di incorporare  la misura delle emozioni umane ed aiutare nella definizione dei punti di inversione primari.

Grazie e buon proseguimento di giornata.

fmdn – economia e europa
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[ Giugno 21, 2022 0 Comments ]

IL PUNTO: ECONOMIA ED EUROPA

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IL PUNTO: ECONOMIA ED EUROPA

Siamo tutti consapevoli della situazione macroeconomica e dopo aver analizzato, negli articoli precedenti, le cause e gli impatti della stessa, si vuole riportare quello che a livello Europeo, per il nostro ufficio studi, sono le possibili soluzioni ovvero gli errori da non commettere.

Si è portati a scindere tra l’inflazione da “Domanda interna” oppure

“Importata” dai prezzi dell’energia e delle materie prime ma a nostro avviso la situazione è più complicata: dopo circa 10 anni di politica monetaria espansiva e di tassi negativi la massa monetaria sia in zona UE che US ha raggiunto livelli mai visti nei decenni addietro e l’inflazione ne rappresenta un naturale effetto.

Si è creduto, erroneamente, di essere entrati un “nuovo” paradigma economico, e che la stessa inflazione fosse ormai un fenomeno del passato (si è parlato addirittura di trappola della liquidità).

La verità è che sino ad ora tale massa di denaro non si è riversata sui prezzi e pertanto non visibile dalle nostre tipiche misurazioni macroeconomiche ma si è riversata sui mercati finanziari visibile nei tassi dei titoli sovrani al minimo strico ed i valori delle borse a livelli ingiustificati.

Naturalmente con tassi negativi il valore dei titoli (soprattutto quelli tecnologici ad alto tasso di indebitamento) assumono matematicamente dei livelli astronomici: Il DCF (lo sconto dei flussi futuri dei dividendi) con un tasso negativo assume un valore teorico “infinito” creando una naturale bolla sui mercati finanziari.

Dunque, l’aumento della massa monetaria, negli anni, non si è scaricata sui prezzi ma sui mercati finanziari e per molto tempo abbiamo pensato che questo avrebbe rappresentato il nuovo equilibrio economico.

La “pandemia” e la “guerra” sono stati i catalizzatori della rottura di questo presunto equilibrio e lo scenario è oggi alquanto complesso e compromesso.

I dati mostrano ancora una certa solidità della nostra economia domestica male previsioni oltre oceano non sono rosee.

Cosa fare:

  • A livello Europeo, accendere una nuova speranza nei Popoli di una Europa solidale. Un Europa dove nel chiedere ai Paesi membri doverose riforme a processi ormai obsoleti, la stessa UE dovrà mettersi in discussione incardinando una strada di riforme europee in tema di:
  • Patti di stabilità: prevedere indicatori che adeguino gli obiettivi dei parametri ai cicli economici ed alle previsioni di sviluppo: uscire cioè da quella cieca rigidità numerica che consenta agli stati di adeguarsi certamente alle regole di sostenibilità finanziaria del debito ma che contempli anche la sostenibilità sociale delle politiche di bilancio per il raggiungimento degli obiettivi di stabilità. Si parla molto in questo periodo di sostenibilità e quindi direi di far nascere “UNA EUROPA SOSTENIBILE” (economica-sociale ed ambientale)
  • Modifica dello Statuto della BCE: una banca centrale “simil FED” americana, il cui obiettivo non è solo la stabilità dei prezzi ma coniugare la politica monetaria anche allo sviluppo economico della stessa area UE
  • Modifica Governance: ridisegnare il ruolo della commissione e del Parlamento Europeo cominciando dall’eliminazione della famigerata “Unanimità” delle decisioni in commissione che genera una continua trattativa al ribasso verso gli interessi dei singoli stati
  • Unico rappresentante Europeo nella politica estera
  • La nascita di una difesa Europea coordinata da una cabina di regia costituita dagli stati fondatori della UE
  • ………e molto altro ancora potrei dire.

Ci vorranno anni, decenni, ma iniziare questo percorso, darà forza a tutti noi, che crediamo nel sogno De Gasperiano di un Europa politica ed economica (e non solo monetaria) nell’affrontare e sconfiggere quelle forze populiste che scaricheranno sui difetti dell’Unione Europea le difficoltà e le storture dei singoli stati non assumendosi alcuna responsabilità politica.

Solleticheranno, in un periodo di ciclo economico non favorevole, la pancia di chi è deluso creando e sbandierando un nemico invisibile chiamato EUROPA.

Se non saremo in grado di “ravvivare” questo sogno affrontando pragmaticamente le sfide di oggi senza inutili dogmi, allora si dovrà prendere atto che questa generazione di politica europea (Popolari Socialisti e Verdi che da anni governano l’Europa) avranno fallito l’obiettivo ed un nuovo equilibrio politico sarà chiamato a governare questa transizione.

E’ l’ora del coraggio e della visione.

ECCO DOVE SBAGLIA IL PROFESSORE ORSINI
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[ Maggio 8, 2022 0 Comments ]

ECCO DOVE SBAGLIA IL PROFESSORE ORSINI

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Di Massimiliano Napoletano e Roberto Giuliano

Ascoltando il Professore, ed osservando come ormai anche alcuni leader politici, considerano le sue ipotesi percorribili per il nostro paese (vedi Salvini e Conte) vorremmo spiegare come nonostante riteniamo logico e condivisibile la sua posizione, ma siamo assolutamente in disaccordo con la soluzione da lui  proposta.

Riassumiamo, il Professore dice:

–   Il problema del nostro Paese è la completa accondiscendenza del nostro governo ai “Diktat americani”

–  Elenca gli innumerevoli errori occidentali nelle guerre sparse nel mondo al grido di “esportare la democrazia”

–  L’aver chiuso gli occhi per anni sulla situazione al confine Ucraino-Russo

–  L’inesistenza di una politica Europea

Certo, detto in tal modo, è così lineare che risulta complicato non condividere. Naturalmente questa è una sintesi del pensiero Professore Orsini avendo semplificato argomenti effettivamente complessi.

Dunque, quale è la soluzione del Professore Orsini? l’Italia (tramite Salvini e Conte che hanno saputo intercettare e sentire, così come hanno sempre fatto, il malcontento e la pancia dei cittadini) devono chiedere a Draghi da subito di smettere di inviare le armi ovvero inviarle per un tempo limitato, in modo da costringere Zelensky a ragionare sulla “Pace” e nel frattempo continuare a mantenere le sanzioni alla Russia. Contemporaneamente, rompere momentaneamente l’unità europea, smarcandosi dalla Germania e dalla Francia che potranno prendere a pretesto la nostra politica estera di distacco dalla politica USA costringendole in seguito a seguire il nostro paese portando l’amministrazione americana ad una strategia di Pace e non Bellicista.

Ma veramente vogliamo scoprire solo adesso che siamo nella NATO a trazione USA? C’è bisogno di ricordare che la difesa Europea è finanziata quasi esclusivamente dall’amministrazione americana? Ed ancora che la Nato ha permesso a tutti gli aderenti e soprattutto a Paesi come Polonia, Romania e parte dei Balcani di vivere sotto un ombrello di Pace costruito sulla detenzione alle velleità espansionistiche da parte di altri Paesi. La NATO non obbliga nessuno ad aderire, si entra tramite una formale richiesta di adesione da parte del Paese che si vuole candidare. È stato certamente un allargamento che ha determinato conseguenze militari MA NON AVVIENE TRAMITE ANNESSIONE OVVERO COSTRIZIONE DA INVASIONE al massimo per convenienza economica come elemento di pressing.

Ma veramente vogliamo scoprire solo adesso che la nostra politica Estera e quella Europea è condizionata dal volere delle amministrazioni americane e quindi dai suoi interessi? A tal proposito è utile ricordare come sia pragmaticamente un dato di fatto POST-BELLICO la nostra vicinanza agli USASono stati i nostri liberatori. Ma ancor di più condividiamo stili di vita, e principi di democrazia e libertà.  Nonostante ciò abbiamo dimostrato moltissimi limiti, anche nella stessa difesa della libertà, così come è avvenuto nel deplorevole  tentativo di isolare lo stesso Orsini per le sue differenti e forti posizioni, ma nonostante questi rigurgiti di intolleranza  che dimostrano come ancora sia debole il pensiero liberal democratico nel nostro Paese in personaggi che si definiscono democratici  non c’è dubbio che preferiamo vivere nelle “Libere e democratiche” società occidentali rispetto a Russia-Cina-Iran-Corea del Nord, etc.

Entriamo nel CUORE del  disappunto: non pensiamo che la soluzione del Professore sia percorribile perché mettere in minoranza il Governo Draghi facendo fare una piccola fuga in avanti al nostro Paese rompendo momentaneamente l’unità Europea (cosi come spiegato sopra), e opporsi diplomaticamente alla politica di Biden, sarà anche questa scelta foriera di recessione e carestia.

Cosa pensate possa  succedere al nostro Paese, che possiede uno dei debiti pubblici più grandi al mondo, ove i nostri BTP sono comprati in parte dal nostro risparmio ed in parte dalla finanza internazionale, una volta indebolito se non addirittura fatto cadere il governo Draghi?  Esso è garanzia a livello internazionale della stabilità finanziaria del nostro Paese grazie alla sua riconosciuta competenza e serietà.  In questa sciagurata ipotesi si tornerà a parlare del debito sovrano e della sua sostenibilità, minata dall’instabilità politica che porterà il costo dello stesso a livelli non tollerabili. Si riaprirà la crisi sulla tenuta del sistema bancario e quindi sulla tutela del risparmio di tutti i cittadini e del finanziamento alle nostre imprese.

La soluzione “Orsini”  potrebbe esporre il Paese ad una crisi economica e finanziaria irreversibile.

Dobbiamo prendere atto ed essere consapevoli che la nostra democrazia è dipendente dalla finanza internazionale (basta vedere l’inizio della guerra valutaria che si è innescata con il blocco delle riserve valutarie e dell’attività internazionale della Banca Centrale Russa con la sospensione della maggior parte del sistema finanziario russo dai circuiti di internazionali) perché viviamo in un mondo interdipendente e la guerra ne è la tragica dimostrazione.  La nostra libertà paradossalmente potrebbe finire dove iniziano i grossi fondi di investimento. Purtroppo, è vero che non abbiamo una classe politica comparabile per visione e competenza a quella della prima repubblica, due nomi per tutti Andreotti e Craxi.

Ma allora quali sono le soluzioni?

La prima è che l’Italia non debba creare instabilità interna (indebolire Draghi) creando una sicura crisi economica e finanziaria ma essere portavoce, senza alcuna fuga in avanti, verso Francia e Germania per una “strategia di pace” che unitariamente stimolano una posizione a tutela degli interessi dei popoli europei anche arrivando ad essere in disappunto con l’amministrazione americana nel caso di lesione degli interessi della UE. Farlo con forza e con quella diplomazia che è l’arte della politica. Per cui forte coesione ed unità europea

La seconda è più culturale ed è quella del Pontefice: fare una preghiera chiedendo al Signore (al vostro “Signore” di qualsiasi religione siate), di accendere la luce, nei cuori e nella mente dei “Potenti Decisori”, affinché sentano il peso del dolore di perdere un figlio, una mamma, un papà, un amico e possa fare emergere con forza quelle uniche tre parole che ora servirebbero: “BASTA LA GUERRA”

Economia da Guerra o Guerra Economica
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[ Maggio 2, 2022 0 Comments ]

ECONOMIA DA GUERRA O GUERRA ECONOMICA?

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L’evolversi di questa “maledetta guerra” condizionerà la politica economica del Paese . Fare delle previsioni oggi risulta alquanto complesso, comunque dobbiamo rivedere le nostre aspettative di crescita e di stabilità finanziaria. Troppe sono le variabili che potranno condizionare l’andamento della nostra economia:

  • Stagflazione: l’inflazione accompagnata da una stagnazione ovvero da una recessione economica, rappresenta oggi il principale rischio del Paese. Possiamo ancora sperare in un repentino rientro dei prezzi ma oggettivamente la strozzatura sugli stock di magazzino dovuto alla domanda post pandemia, nonché la presenza di enormi quantità di moneta in circolazione causata da anni da necessarie politiche espansive dalle principali banche centrali mondiali, difficilmente potranno raffreddare nel breve periodo la spinta sui prezzi che sembra ormai essere consolidata.
  • Shock energetico: la possibilità di una restrizione nell’offerta di energia dalla Russia potrebbe essere un ulteriore elemento di spinta sia verso l’aumento dei prezzi, sia della recessione. Inoltre, gli aumenti dei costi dei fattori produttivi delle aziende non potranno che essere scaricati di default (ad eccezione dei beni di prima necessità) a breve scadenza sui consumatori finali riducendo inevitabilmente i margini delle stesse aziende produttrici.
  • I sindacati naturalmente già cominciano a spingere su un giusto adeguamento dei salari per non impattare sul potere di acquisto dei cittadini provocando come la storia e la politica economica ci insegnano ad una ulteriore spinta al rialzo dei prezzi originando un pericolosissimo vortice inflattivo.
  • La fine della politica monetaria espansiva con l’aumento dei tassi da parte delle banche centrali con il fine di mitigare la spinta inflazionistica causerà un aumento del costo del denaro e una maggior costo del debito pubblico riportando la paura della sostenibilità dei debiti pubblici così come avvenuto nel 2011
  • II conseguente rafforzamento del dollaro a causa della maggiore politica restrittiva della Fed Americana potrà rafforzare positivamente le esportazioni europea nella seconda parte dell’anno e questo è certamente una buona notizia visto che Il nostro Paese ha ancora la possibilità di una crescita intrinseca di circa il 2,3%.

Ho sempre l’abitudine di vedere il bicchiere mezzo pieno ma per concentrarsi sulle possibili azioni da porre in essere e sulla risoluzione del problema ritengo che sia necessario partire da un’analisi oggettiva della situazione così come sopra descritta.

Non è un caso che ormai si parla di una nuova suddivisione del mondo, della fine della globalizzazione, di un attacco al dollaro come moneta di riferimento e di un scenario che dovrebbe essere evitato da terza guerra mondiale. Potrei avere un’opinione, ma parlare di ciò lo faranno gli esperti di settore. Certamente ci saranno nuovi equilibri ma è necessario che non si crei panico, il conflitto finirà e si stabilizzerà (convinto che lo spauracchio dell’atomica sia solo un argomento di pressione) ed andremo avanti come abbiamo sempre fatto.

Affrontare questo mare in tempesta necessita considerare un assunto imprescindibile e cioè che nessun paese ”stand-alone” avrà la possibilità di mitigare questa situazione macroeconomica. Lo abbiamo compreso e messo in atto durante la pandemia,  lo stiamo facendo nell’affrontare la guerra scatenata da Putin e dobbiamo continuare a farlo per il futuro.

Dunque:

  • Bisognerà inconfutabilmente dire che soltanto una condivisione nelle politiche di sostegno alle economie Europee, così come è avvenuto con il recovery fund, potrà effettivamente dare quello stimolo e quella resilienza alle nostre economie. Da soli, molti dei Paesi Europei, non potrebbero agire con importanti politiche Keynesiane senza impattare sui mercati finanziari tramite un grande ed ulteriore deficit di bilancio con il rischio di innescare la speculazione sullo spread e sui debiti sovrani
  • Bisognerà spingere sull’ energy recovery fund
  • Bisognerà modificare i patti di stabilità legando gli obiettivi di finanza pubblica sia al ciclo economico attuale che agli scenari previsionali e non principalmente sul raggiungimento di singoli indici di bilancio pubblico e deficit annuali
  • Bisognerà modificare il processo decisionale eliminando l’unanimità nelle decisioni della Commissione Europea se non per i Paesi fondatori

Il nostro Paese dovrà quindi esprimere una classe politica ed una burocrazia utile ad assecondare e promuovere questa nuova ulteriore integrazione europea a discapito dei normali rigurgiti nazionalisti. La crisi economica potrà essere una opportunità o la disgregazione economica dell’Europa se porterà ad una recrudescenza di spinte populistiche.

Certamente la classe politica dovrà avere la capacità di non nascondersi dietro il “c’è lo chiede l’Europa”  o nelle piccole beghe interne, ma sviluppare una forte campagna di confronto e orientamento nel Paese,  spiegando la convenienza e le opportunità che una forte integrazione europea offre all’Italia e agli altri partners .  Sarebbe opportuno evitare di far esplodere in modo demagogico un conflitto sociale, scaricando le colpe di eventuali politiche restrittive sulla vecchia polemica dell’evasione fiscale (che va’ naturalmente perseguita con forza e serietà) ma senza utilizzarla per dividere il paese tra chi ha una busta paga e chi una partita Iva.  Agli Italiani andrà illustrata la complessità delle decisioni e delle situazioni, perché questo è l’unico modo per combattere “l’uno vale uno” ed il populismo dilagante alla ricerca dell’uomo forte.

La globalizzazione o il multilateralismo si governano solo facendo squadra; dunque, maggior integrazione europea realizzando a tappe gli Stati Uniti d’Europa ma anche in Italia le forze politiche devono fare squadra per svolgere un ruolo in Europa.  Come sempre da una crisi può scaturire una opportunità se essa trova una classe politica degna di questo ruolo e di questa missione.

Massimiliano Napoletano

Economista

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[ Aprile 11, 2022 0 Comments ]

Perché tutelare il nostro sistema bancario

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Ci sarebbe molto da dire sul nuovo quadro economico che si sta’ delineando e sugli effetti economici, finanziari e sociali che si incominciano ad intravvedere.

Parliamo della contemporanea presenza di inflazione e recessione ( la così odiata stagflazione), dell’impatto sulla finanza pubblica dell’aumento dei tassi e della politica monetaria non più espansiva negli USA ed a breve in UE sino alla crisi sociale che tutti ciò provocherà.

Con la pandemia,  l’Europa ha imparato cosa vuol dire operare interventi tempestivi con scelte espansionistiche e di rilancio della crescita senza rimanere prigioniera degli asettici obiettivi di finanza pubblica.

La crisi finanziaria partita nel 2008 e la conseguente crisi dei debiti sovrani, mal gestita nel nostro continente, ha sicuramente portato i nostri governi europei ad intervenire con maggiore efficacia senza commettere quegli errori a cui dedicheremo una spazio specifico nei prossimi articoli.

Oggi invece ci vogliamo concentrare sulla solita tutela di quel libero mercato che è alla base del nostro sistema economico ma che vale per solo per alcuni paesi.

Mi spiego: sarebbe immaginabile l’acquisto di aziende in settori strategici come la cantieristica, il sistema bancario, telefonico, alimentare senza una strategia condivisa con gli Stati di riferimento

L’affondo di Credit Agricole con l’acquisto del 9% della Banca Popolare di Milano senza che il MEF ne sapesse nulla, ci preoccupa.

La quantità di risparmio italiano e la concentrazione di titoli di stato gestito dal colosso francese tramite le sue partecipazioni in Anima sgr che in Amundi  sarebbero a mio avviso preoccupanti.

Il sistema Paese avrà bisogno del sistema bancario per reggere l’impatto di eventuali recensioni e avrei certamente meno preoccupazioni se queste operazioni di “libero mercato” siano realmente possibili biunivocamente anche in Francia ed in Germania  (la storia insegna che avere dei dubbi risulta alquanto lecito).

Sono un Europeista convinto ma il risparmio italiano e‘ uno dei principali asset strategici da tutelare sino a quando non si completerà il processo di formazione di un Europa che finalmente condividerà politiche fiscali, energetiche e di difesa del territorio con riforme sui processi decisionali come l’eliminazione dell’unanimità e la modifica dello statuto  della BCE avvicinandolo allo stesso della FED negli USA in cui non sia l’inflazione l’unica variabile di politica economica ma anche la crescita sostenibile com’è per la Banca Centrale Americana.

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[ Aprile 2, 2022 0 Comments ]

Conosciamo l’inflazione

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Di Ruggero Mancini

Perché è importante conoscerla?
Quali sono le prospettive di uno scenario inflattivo?

Conoscere l’Inflazione ci aiuta a prendere decisioni migliori e in modo consapevole

L’Inflazione e i tassi di interesse sono particolarmente importanti, perché rientrano all’interno delle valutazioni e delle decisioni che riguardano, sia le dinamiche aziendali: come la valutazione degli investimenti, gli acquisti o l’accensione di finanziamenti, sia quelle personali: dalle decisioni in merito alla gestione del patrimonio, fino ai piani pensionistici.

Inflazione e tassi di interesse rientrano nel perimetro delle informazioni necessarie alla formulazione degli scenari predittivi, la loro corretta valutazione contribuisce a migliorare i risultati aziendali.

Nel corso dell’articolo faremo attenzione a distinguere l’inflazione dal livello dei prezzi, dai motivi alla base delle variazioni.

Come abbiamo detto l’Inflazione ha riflessi particolarmente importanti, è strettamente collegata con l’economia reale, alla domanda offerta,
ai livelli delle retribuzioni, influenza il costo del denaro, modifica livelli di moneta, ne dipendono la stabilità oltre che livello dei prezzi, determina i cicli economici, l’andamento dei corsi azionari e obbligazionari, orienta le dinamiche dei tassi di interesse, la sua valutazione e corretta previsione, sono base degli interventi delle Banche Centrali.

Le conseguenze economiche e finanziarie associate, alle sue aspettative e successivamente al suo andamento, sono, non solo rilevanti, ma fondamentali, in grado di incidere profondamente sulla qualità della vita delle persone.

L’Inflazione rappresenta uno degli elementi centrali di qualsiasi previsione o scenario, è alla base dei risultati che otterrai.

Conoscere l’inflazione consente di interpretare l’economia e presidiare i propri interessi da un punto di osservazione privilegiato, perché l’Inflazione è prima di tutto una INFORMAZIONE.

Cos’è l’inflazione?

“Inflazione” è un termine abusato! Tutti ne parlano, pochi la conoscono, solo alcuni ne comprendono le implicazioni ma, forse esagero, nessuno può essere certo di saperla gestire!

Il termine è utilizzato comunemente per definire un rialzo dei prezzi ma, come spesso accade, se la semplicità è utile può aiutare a comprendere un concetto, il senso delle cose, allo stesso tempo rischia di renderle banali, perdendo il valore insito nella loro complessità.

Immaginate di voler aiutare un vostro amico che vi chiede: -“Cos’è una Ferrari?”

Potreste semplicemente rispondere: “Un auto!”

In effetti è lunga meno di una “Stelvio”, più bassa e pesa molto meno, caratteristiche che non giustificherebbero il costo rispetto a parametri “oggettivi” di valutazione, vero?
avreste semplificato il concetto ma……il suo valore?

La stragrande maggioranza delle persone è attratta dalla “semplicità”, “dall’immediatezza”, dalle notizie e meno dalle informazioni, semplicemente ci si accontenta degli aspetti più vistosi e clamorosi che riguardano la notizia, perdendo il contenuto informativo, quando presente.

Essere attratti dalla semplicità è assolutamente normale perché, è particolarmente impegnativo per il nostro cervello elaborare i dati in modo attento e puntuale, è semplicemente impossibile!

Il nostro cervello è una macchina perfetta, un modello di Economia ed Efficienza nella gestione delle risorse , un esempio a cui l’uomo dovrebbe ispirarsi.

Questo limite tuttavia comporta delle conseguenze, le decisioni sono sempre influenzate da valutazioni incomplete o parziali oltre che da pregiudizi e BIAS cognitivi (il tema sarà oggetto di un altro approfondimento), quindi secondo “i più”, l’inflazione corrisponde all’aumento dei prezzi.

L’articolo naturalmente non si ferma a questo, forse non è per tutti, ma l’auguro è che sia interessante per molti.

“Inflazione” e “Rialzo dei Prezzi” non sono la stessa cosa!

Prima di misurarla definiamo cosa intendiamo con il termine “Inflazione” perché, come abbiamo detto, è importante per il ruolo nella dinamica dei tassi d’interesse, nelle decisioni delle banche centrali, nel funzionamento delle imprese, per le dinamiche e il modo in cui determina le aspettative e i comportamenti di imprenditori, manager, consumatori, delle persone.

L’Inflazione è un “fil rouge” che lega in un continuum, Intenzioni e Decisioni (anche della politica nel senso più ampio del termine) – Tassi d’Interesse – Imprese – Consumatori – l’Economia.

Una precisazione: parlare di economia non può prescindere dalla conoscenza dell’uomo, dalle sue aspettative e dalla loro formazione, dal processo decisionale e dai suoi comportamenti, l’economia è una conseguenza, “Il Risultato”, un fenomeno a valle del pensiero umano, è una conseguenza delle esigenze, dei bisogni e relativi comportamenti, osservando i quali, definiamo delle “teorie” utili per la comprensione dei fenomeni.

Per questo la Psicologia cognitiva e le Neuroscienze che consentono di indagare i processi decisionali, sono fondanti dell’economia , integrati con essa perché, pur non descrivendo il fenomeno nel suo svolgersi tecnico, si occupano di comprendere i correlati biologici alla base del complesso funzionamento del cervello, che determinano quel fenomeno che definiamo “Economia”.

Inflazione e Rialzo dei Prezzi sono fenomeni distinti anche se correlati

La correlazione tra due grandezze non implica l’indicazione della Direzione e della Forza della correlazione, inoltre, se due variabili sono statisticamente correlate è possibile che nessuna delle due abbia un effetto causale sull’altra.

  • L’inflazione è prima di tutto un fenomeno monetario, dipende dalla quantità di moneta disponibile in relazione ad una quantità di beni.
  • E’ distinta dal rialzo dei prezzi in cui può tradursi, tuttavia, un aumento dei prezzi, può non trasformarsi in inflazione.

L’inflazione non è poi così scontata!

In presenza di shock di offerta, ad esempio, petroliferi come nel caso attuale, il rialzo improvviso di un prezzo non è detto si trasformi in inflazione, infatti, può accadere che, anche a seguito delle variazioni dei prezzi di altri beni collegati, si modifichino gli stili di consumo: es.: un aumento dei carburanti può ridurre gli spostamenti…

In questo caso la risposta dei consumatori ai rialzi dei prezzi è importante, i consumatori possono rispondere con una contrazione di altri beni, riducendone il consumo e di conseguenza il prezzo.

In sintesi se l’inflazione è un fenomeno, il rialzo dei prezzi, più che la determinante, è una conseguenza, la sua unità di misura.

Il fatto che misuriamo l’inflazione attraverso il rialzo dei prezzi non significa che le due grandezze coincidano, anche la febbre viene misurata con il termometro, tuttavia distinguiamo la febbre dall’aumento della temperatura che ne misura i livelli, senza offrire risposte sulle cause.

Se misuriamo l’inflazione attraverso il rilevamento dei prezzi, rimane da chiedersi quale sia la causa e quale l’effetto, oltre che lo stimolo e la modulazione della risposta vedi link.

Ma veniamo alle risposte:

  • Cos’è l’Inflazione?
  • Qual è la vera definizione di inflazione e deflazione ?
  • Quali sono gli aspetti monetari e creditizi che partecipano al fenomeno?

Definizioni:

  • “L’inflazione consiste nell’aumento prolungato del livello dei prezzi, ovvero dalla diminuzione prolungata del potere di acquisto della moneta”.
  • L’Inflazione ha una relazione con i prezzi e la moneta; chiarire la definizione aiuterà a comprenderne le cause (determinanti) e i suoi effetti (conseguenze) eliminando i dubbi alla base di molte inesattezze.
  • “Ricchezza: è la capacità di mantenere elevato il potere di acquisto” la Ricchezza non dipende dalla base monetaria.

Distinguiamo inoltre, è semplice solo in apparenza, tra:

  • Quantità Nominale Di Moneta
  • Valore Reale o Potere Di Acquisto, ovvero la quantità di beni o servizi acquistabili con una determinata quantità di denaro.

e tra:

  • Prezzi Alti
  • Prezzi Crescenti

Che definiscono due fenomeni diversi, spesso confusi, un prezzo può essere alto (anche se non esiste un criterio che può definire alto un prezzo), ma essere stabile o viceversa, un
prezzo basso che può aumentare rapidamente nel tempo.

L’inflazione non ha nulla a che fare con il valore assoluto dei prezzi, ma semplicemente con la loro variazione.

Che i prezzi siano alti o bassi, il fenomeno interessa nella misura in cui i prezzi sono crescenti e non, in relazione a loro stessi.

Ma l’osservazione più interessante della definizione riguarda l’aggettivo “prolungato livello dei prezzi”, l’inflazione ha quindi 2 dimensioni:

  • Quantitativa: la variazione
  • Temporale: il prolungamento nel tempo

Inflazione e Rialzo dei Prezzi sono fenomeni distinti anche se correlati

Un aumento improvviso dei prezzi, se non è seguito da ulteriori aumenti e non costituisce il presupposto di aumenti successivi, NON rappresenta inflazione.

A breve cercheremo di comprendere meglio le dinamiche che sottostanno alle variazioni dei prezzi perché sono alla base delle decisioni di politica monetaria e delle successive conseguenze sul futuro dell’economia.

L’inflazione è distinta dal tasso di inflazione, un aumento del tasso di inflazione rappresenta una accelerazione, quando sentiamo che il tasso di inflazione è zero non significa che non ci sia inflazione, semplicemente non è aumentata.

Proviamo a fornire alcuni esempi di comportamento, manifestazione e cause dell’inflazione, ad esempio: congelare i prezzi (alla pari di rompere il termometro), non elimina l’inflazione, il provvedimento infatti, ne determina una compressione, ma senza eliminarla, di conseguenza l’inflazione comparirà sotto altre forme, es.: se i prezzi sono liberi di muoversi, le persone non sono in grado di conoscere a quali prezzi poter acquistare in futuro, mentre, se i prezzi vengono imposti d’autorità, le persone sapranno certamente a quale prezzo non potranno comprare e, se come spesso accade se, il prezzo imposto politico, è inferiore a quello di equilibrio (il prezzo che si formerebbe in un libero mercato), l’inflazione prenderà altre forme, ad esempio: file nei negozi, sviluppo di mercati paralleli (mercato nero), perché i compratori vorrebbero acquistare ma non trovano la merce che viene venduta a prezzi maggiori.

La DEFLAZIONE

Al contrario dell’Inflazione, la Deflazione consiste in un aumento del potere di acquisto della moneta a seguito di una diminuzione del livello dei prezzi.

Il termine Deflazione non ha connotati negativi e non è sinonimo di Recessione (l’accezione negativa dipende da errori di interpretazioni, attribuzione di significati impropri e scarsa informazione).

Per esprimere un giudizio sulla Deflazione (positiva o negativa), dobbiamo comprenderne le cause, i motivi che sottostanno la variazione dei prezzi, ad esempio:

  • una diminuzione della produzione
  • una diminuzione del tasso del livello di sviluppo
  • una diminuzione del reddito reale o dell’occupazione dall’aumento della produttività.

Oppure

  • dall’aumento della produttività.

Deflazione = aumento del potere d’acquisto della moneta a seguito di una diminuzione del livello dei prezzi.

Diversa da:

Recessione = riduzione dei livelli di attività produttiva, del reddito e dell’occupazione.

I due fenomeni non sono necessariamente connessi da un principio di causa ed hanno origini diverse.

Se i concetti espressi hanno contribuito a fare chiarezza, potremmo aggiungere ulteriori considerazioni, come distinguere tra i rialzi dei prezzi delle materie prime ed il rialzo dei prezzi dei prodotti, l’incidenza delle accise oltre all’IVA sul prezzo della benzina, ovvero capire la struttura fiscale del paese e gli impatti sulla crescita, ma sono temi sicuramente più complessi e ampi che non possono essere banalizzati e ci porterebbero fuori dall’argomento.

Cos’è il livello dei prezzi?

Dire che l’inflazione consiste in un aumento prolungato del livello dei prezzi, rischia di non essere chiaro se non definiamo il Livello Dei Prezzi.

Comprendere il Livello dei Prezzi (tutt’altro che scontato), contribuirà a rivedere in modo corretto l’inflazione e comprenderne le cause, esistono:

  • Prezzi Relativi: l’insieme dei rapporti a cui si scambiano i vari beni e servizi fra loro.
  • Prezzi Assoluti o Prezzi In Moneta o Livello Dei Prezzi, il rapporto a cui si scambia l’insieme dei beni e servizi con la moneta.

“Il livello dei prezzi” è il “Reciproco” del potere di acquisto della moneta, da cui:

L’Inflazione corrisponde con una diminuzione del potere di acquisto.

Esempio: se A si vende a 5 euro e B a 10 euro, non abbiamo 2 prezzi ma 3…

  1. Il prezzo con il quale la moneta si scambia con A
  2. Il prezzo con il quale la moneta si scambia con B
  3. ed il rapporto con cui A si scambia con B dati quei prezzi di moneta 2xA=B (2×5=10)

Se l’inflazione riguarda il potere d’acquisto della moneta, cioè i prezzi assoluti (che variano per molte ragioni e in maniera diversa), tutto ciò che la collettività produce e scambia in un
dato periodo di tempo costituisce l’aggregato REDDITO REALE.

REDDITO MONETARIO o DOMANDA GLOBALE è tutto ciò che la collettività spende per l’acquisto di quei beni e servizi, tutte le spese individuali di un paese.

Supponendo per esempio, nel caso di una economia chiusa che non scambia con l’estero, la Spesa ed il Reddito sono due aspetti della medesima medaglia perché, la spesa di uno corrisponde al reddito dell’altro se uno incassa 100 è perché qualcun altro li ha spesi, quindi la domanda globale o la spesa complessiva è la stessa cosa che il reddito monetario generato.

Se Spesa ed Incasso sono della stessa grandezza e misura, quando acquisto e spendo 40 euro per della carne e ne ottengo 2 kg. significa che il costo è di 20 euro/Kg quindi, da un lato abbiamo il valore della spesa 40 che è identico al prodotto del prezzo 20 per la quantità 2.

Possiamo distinguere: una Quantità di spesa, da una Distribuzione della spesa.

In generale l’Inflazione dipende da “Quanto” la collettività spende, rispetto a “Quanto Produce” mentre, la Struttura dei Prezzi Relativi dipende dal “Come” la collettività spende dato uno specifico ammontare, rispetto ad una specifica composizione del reddito prodotto.

“L’aumento di un singolo prodotto NON comporta di per se effetti inflattivi ma rappresenta una semplice variazione del prezzo relativo”.

“L’inflazione, ovvero Le variazioni del livello dei prezzi sono sempre un fenomeno monetario”, le variazioni dei Prezzi Relativi, quando non sono il risultato di un processo inflazionistico, hanno origine Reale, se vogliamo quindi risalire alle cause dell’inflazione è essenziale distinguere i due fenomeni perché, hanno cause diverse, monetarie l’inflazione e reali le variazioni dei prezzi relativi.

Per quanto detto le politiche monetarie tese a limitare le fluttuazioni del livello generale dei prezzi potrebbero non essere le più appropriate per governare le dinamiche dei prezzi, in quanto non considerano le diverse cause dell’inflazione, che vengono considerate esclusivamente sotto il profilo della quantità monetaria.

L’Inflazione e gli obiettivi della Politica Monetaria

L’obiettivo di mantenere costante il livello dei prezzi, perseguito attraverso l’azzeramento del tasso di Inflazione, potrebbe non rappresentare la migliore soluzione o almeno non l’unica, anche in riferimento ai costi impliciti perché, comunque, azzerare il tasso di inflazione implica dei costi a volte superiori rispetto ad altre soluzioni.

Con particolare riguardo agli shock esogeni dal lato dell’offerta come guerre e pandemie, i prezzi dovrebbero essere lasciati liberi di fluttuare, come naturale risposta ai cambiamenti nei costi unitari di produzione.

La dinamica di aggiustamento dei prezzi seguirebbe le regole della produttività, ovvero di una variazione dei prezzi legata al ciclo produttivo e non alla quantità di moneta.

La regola della produttività prevede, in comune con la strategia di azzeramento dell’inflazione, che le autorità monetarie agiscano compensando con aggiustamenti di offerta di moneta le eventuali variazioni della velocità di circolazione ma, si astengano dal farlo in risposta ad eventuali shock dal lato dell’offerta di beni e servizi, lasciando così i prezzi liberi di aumentare e poi di contrarsi in una successiva fase di recupero delle condizioni di “normalità”, senza alterare la struttura dei prezzi.

La Produttività riguarda il mercato del lavoro e quello dei fattori complessivi della produzione (includendo il lavoro), gli incrementi di produttività negli ultimi 50 anni, sono stati sempre superiori rispetto alle sue contrazioni, crescendo ad un tasso medio del 2% negli USA.

Alcuni studi riferiscono che attenersi ai criteri della teoria della produttività, rispetto alla politica di azzeramento dell’inflazione avrebbe consentito di avere prezzi inferiori della metà, nei 30 anni successivi alla seconda guerra mondiale, rispetto a triplicare, come realmente avvenuto.

La Gran Bretagna, in particolare, nel periodo post bellico, avrebbe potuto avere i più grandi benefici da una strategia basata sulla regola della produttività, proprio grazie alla maggiore differenza, nel periodo preso in considerazione, tra la più alta inflazione e la più elevata produttività sperimentata nel periodo.

Inflazione e Produttività agiscono in modo inverso sul livello dei prezzi.

L’articolo si limita a descrivere il fenomeno e le teorie senza approfondirle, ma analizzare nei dettagli le caratteristiche e il funzionamento della produttività, consente di evitare o almeno ridurre le argomentazioni favorevoli alle politiche di mantenimento costante dei prezzi a GENERICHE considerazioni contro le tendenze inflative di lungo periodo. Solo per aiutare la comprensione: mentre l’inflazione riguarda un aumento dei prezzi, la produttività agisce riducendoli (aumento delle quantità prodotte), nel primo caso avremo una riduzione del potere di acquisto, mentre nel secondo un aumento, in linea teorica l’aumento della produttività crea una condizione di “buona” Deflazione.

Difficoltà e disinteresse per le dinamiche inflattive/deflative di lungo periodo, oltre alla complessità di valutazione delle conseguenze a seguito delle variazioni di produttività, hanno contribuito ad aumentare il numero di sostenitori della strategia di annullamento dell’inflazione e considerare quasi esclusivamente una politica monetaria almeno inefficiente rispetto all’interesse che aspirerebbe a tutelare, se non fallace.

Se è vero che la stabilità macroeconomica richiede prezzi costanti, il perseguimento di questo obiettivo ha portato a perseguire delle strategie di azzeramento dell’inflazione (tra i contributi più importanti a sostegno delle strategie di azzeramento dell’inflazione troviamo Yeager), sulla base della valutazione che gli allontanamenti dei livelli occupazionali e produttivi rispetto ai valori “naturali” sarebbero una conseguenze di squilibri monetari definiti come “differenze, ai prezzi prevalenti, tra le quantità di valuta detenute e quelle desiderate dal pubblico”.

Dato un livello dei prezzi l’offerta di circolante è connessa alla disponibilità dei beni/servizi di conseguenza la scarsità della valuta (sempre rispetto a quanto desiderato) porta ad un surplus di beni e servizi e viceversa.

Visto che l’inadeguatezza dell’offerta di moneta (per eccesso o per difetto) è la causa delle variazioni nel livello generale dei prezzi (in alto o in basso), ne consegue che la variabilità dei prezzi sia da considerarsi sintomo o conseguenza, di disequilibri monetari.

Da questo ragionamento ne deriva una politica orientata a evitare le fluttuazioni dei prezzi, in grado di contenere il verificarsi di perturbazioni di tipo macroeconomico.

Una politica di questo tipo richiede una variazione dell’offerta in direzione opposta alla velocità di circolazione della moneta e in direzione uguale variazioni della produzione aggregata, includendo tra queste anche quelle indotte da cambiamenti della produttività dei fattori.

Possiamo attribuire alla politica monetaria la capacità di ridurre o eliminare unicamente i disequilibri dell’economia reale derivanti da cause di origine monetaria, che per loro natura sono estranee alle normali dinamiche produttive.

In questo modo le politiche volte esclusivamente a ridurre l’inflazione a zero non considerano che le variazioni nell’offerta e domanda della moneta, possono portare ad aggiustamenti istantanei uniformi e trasparenti di tutti i prezzi senza alterare lo schema organizzativo di produzione e consumo, infatti l’istantaneo riequilibrio del livello generale dei prezzi è frenato da una notevole quantità di ostacoli tra i quali , il più importante, è rappresentato dalla rigidità dei contratti che prevedono prestazioni monetarie costanti che difficilmente possono modificarsi al variare dei prezzi, costituendo una rigidità alla risposta del modello.

Sono un esempio i contratti di lavoro e quelli di debito, oltre ai costi di natura operativa, di comunicazione, di negoziazione o semplice resistenza al cambiamento per cui i prezzi possono comportarsi in modo inerziale.

La necessità di individuare i cambiamenti nel livello generale dei prezzi, necessari per eliminare gli squilibri monetari, può essere motivo di distorsioni nell’economia reale a causa dell’illusione monetaria di cui soffrono gli attori economici che confondono il cambiamento dei prezzi relativi con il cambiamento del livello generale dei prezzi.

L’incapacità di intuire la dinamica interna (prezzi relativi Vs. livello generale dei prezzi) con la quale i prezzi si modificano e contribuiscono a livello generale dei prezzi, può essere generata dalla tendenza e inferire dalle osservazioni disponibili, l’andamento delle quotazioni in mercati distanti. Di seguito presentiamo un esempio per aiutare la comprensione delle dinamiche: in uno scenario di espansione monetaria osserviamo che i lavoratori reagiscono agli incrementi dei tassi salariali, ignorano i cambiamenti del costo della vita e generano una temporanea crescita dell’occupazione, superiore al tasso naturale, possiamo dedurne che i cambiamenti nei livelli di domanda reale di moneta e di offerta nominale della stessa e le conseguenti variazioni che ne derivano non sono anticipate dagli agenti economici.

Le variazioni di produttività modificano i rapporti tra i valori di output e quelli di input come elementi della produzione e pertanto non sono dovuti a modifiche della quantità di moneta.

Secondo l’interpretazione della teoria della produttività, perseguire un livello dei prezzi stabile, può rappresentare un problema per gli operatori economici, se avviene a fronte di variazioni della produttività.

Considerando la Produttività, la politica monetaria non dovrebbe porsi l’obiettivo di contrastare le improvvise variazioni del livello dei prezzi in quanto non consente in alcun modo di rendere le condizioni più prevedibili, oltre ad alimentarne le distorsioni.

La stabilità dei prezzi è un requisito necessario per incoraggiare i nuovi investimenti, la mancanza di variazioni inattese rappresenta un vantaggio per gli operatori perché, elimina l’incertezza che ne scoraggia l’avvio e l’obiettivo di perseguirlo è funzionale al suo raggiungimento, tuttavia queste argomentazioni si dimostrano perfettamente valide nella misura in cui la produttività aggregata rimane costante.

Il tasso di inflazione prima di rappresentare un problema è una informazione utile per avere conoscenza riguardo all’allocazione delle risorse.

Sebbene la variabilità dell’inflazione non sia auspicabile, un tasso di inflazione variabile non è la peggiore delle situazioni possibili qualora se ne conoscano le cause, tenendo in considerazione che l’alternativa di perseguire un livello dei prezzi stabile può comunque essere fonte di problemi se avviene a fronte di variazioni della produttività.

Per quanto possibile, stante la difficoltà delle valutazioni e la delicatezza delle decisioni, la politica monetaria non dovrebbe porsi l’obiettivo di contrastare le improvvise variazioni del livello dei prezzi perché, non consente di rendere prevedibili le future condizioni economiche in quanto le informazioni contenute nei prezzi sono differenti a seconda che si riferiscano a variazioni di produttività, shock dell’offerta, rialzo del livello generale o della quantità di moneta.

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[ Marzo 13, 2022 0 Comments ]

Consorzio ATI e Rete di Impresa

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Consorzi e società consortili – Nell’ambito della propria attività, le cooperative possono aderire ad un consorzio che raccoglie le commesse di lavoro, organizza gli aspetti amministrativi, fornendo i servizi alle cooperative, e distribuisce il lavoro, in base alle peculiarità di ciascun sodalizio.
Non necessariamente un consorzio deve essere costituito da sole cooperative: infatti, l’art. 2602, c. 1 c.c. prevede che “Con il contratto di consorzio più imprenditori istituiscono un’organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese”.
Il contratto di consorzio non comporta l’assorbimento delle imprese contraenti in un organismo unitario, ma la costituzione di una organizzazione comune per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive attività.
Fra le varie tipologie contrattuali associative le imprese possono utilizzare anche la società consortile ex art. 2615-ter c.c.. In tal caso viene costituita una società secondo le forme tipiche del Codice Civile assumendo come oggetto sociale gli scopi indicati nell’art. 2602 c.c. ossia “la disciplina o lo svolgimento di determinate fasi delle relative imprese”.

Raggruppamento temporaneo di imprese (RTI) – Il raggruppamento temporaneo di imprese (RTI), anche noto come ATI (associazione temporanea di imprese), è l’istituto a cui le imprese ricorrono per partecipare a gare d’appalto quando non possiedono le categorie richieste nel bando, caratterizzato da un mandato con rappresentanza, gratuito e irrevocabile, conferito collettivamente all’impresa “capogruppo”.
È uno strumento previsto dalla legge e costituisce una modalità agevolativa di partecipazione alle gare bandite dalla P.A.
In tal modo si consente anche alle imprese di piccole dimensioni la massima partecipazione alle procedure di gara e alle Amministrazioni appaltanti la selezione della migliore offerta.

Tipi di RTI – La disciplina, originariamente contenuta nell’art. 37 D.Lgs. 163/2006 (Vecchio Codice Appalti successivamente abrogato), è inquadrata dall’art. 48 D.Lgs. 18.04.2016, n. 50 (G.U. 19.04.2016).
Esistono 2 tipi di raggruppamento, orizzontale e verticale.
Il raggruppamento orizzontale si ha quando:

  • per i servizi e le forniture, tutte le imprese riunite eseguono la medesima prestazione;
  • per i lavori, le imprese riunite realizzano i lavori della stessa categoria di qualificazione.

Il raggruppamento verticale si ha invece quando:

  • per i servizi e le forniture, la mandataria esegue la prestazione principale e le mandanti eseguono le prestazioni secondarie;
  • per i lavori, la mandataria realizza i lavori della categoria prevalente, mentre le mandanti realizzano i lavori delle categorie scorporabili.

Può anche esistere un raggruppamento misto.
È essenziale sottolineare che con il raggruppamento temporaneo d’imprese non si determina alcuna organizzazione comune tra gli operatori economici coinvolti, i quali conservano ciascuno la loro autonomia gestionale e fiscale.

Reti di imprese (accenno) – La rete di imprese è un contratto fra imprese per accrescere la capacità innovativa e la propria competitività sul mercato, con cui esse si impegnano reciprocamente a collaborare in attuazione di un programma comune.
Possono partecipare alla rete tutte le imprese, sia individuali che collettive, senza limiti di dimensioni, senza vincoli di localizzazione territoriale e/o tipologia di business.

Differenza tra rete di imprese e consorzio – Con il contratto di rete, l’impresa punta a rimanere in prima linea sul mercato, senza però rinunciare ai positivi effetti di un’aggregazione con altre imprese, mentre con il contratto di consorzio l’impresa crea con altre imprese un nuovo operatore economico in grado di avvantaggiarle.

Differenza tra ATI e rete di imprese – A differenza dell’ATI, la rete di imprese è finalizzata a una alleanza più strutturale, strategica e sinergica. In altre parole, l’ATI sta alla rete di imprese come un’avventura sentimentale estemporanea sta al fidanzamento che potrebbe, in futuro, portare anche al matrimonio.

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[ Marzo 6, 2022 0 Comments ]

I regimi OSS e IOSS nei rapporti IVA a distanza intra UE

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I regimi OSS e IOSS nei rapporti IVA a distanza intra UE

A far data da luglio 2021 la UE ci regala ben 2 nuovi regimi fiscali agevolati. I soggetti passivi possono regolarizzare le proprie posizioni Iva mediante versamento della stessa imposta in ogni Stato membro in cui si opera. L’opzione per uno dei 2 regimi di cui sopra si effettua con dichiarazione trimestrale. I 2 regimi sono:

  • OSS (One Stop Shopche include le vendite a distanza comunitarie ed i servizi digitali;
  • IOSS (Import One Stop Shopper le cessioni a distanza di beni importati da Paesi terzi nell’Unione Europea.

Le tipologie di vendite interessate dai 2 regimi sono le seguenti:

  • forniture di servizi a consumatori privati da parte di soggetti passivi stabiliti fuori della UE;
  • vendite a distanza di beni importati; vendite a distanza intracomunitarie;
  • vendite nazionali di merci importate.

Il regime OSS si applica alle vendite a distanza di beni e servizi B2C effettuate da soggetti passivi con volume di vendite superiori a 10.000 euro di vendite al netto dell’Iva nel corso dell’anno solare, e verso gli stati membri UE attinenti la cessione di beni, e alle prestazioni di servizi. Nel caso di cessione di beni e prestazioni di servizi di valore superiore a 10.000 euro (nell’anno precedente) si versa l’Iva nel Paese di destinazione. Invece, nel caso di cessione di beni per un valore di 10.000 euro l’Iva si versa nel Paese di partenza dei beni. Nel caso di valore delle cessioni superiore a 10.000 euro, il soggetto passivo deve identificarsi ai fini Iva nel Paese di destinazione con acquisizione della partita Iva straniera, oppure con l’esercizio dell’opzione per l’OSS, con mantenimento della partita Iva domestica. L’oggetto dei 2 nuovi regimi comprende le vendite a distanza intracomunitarie: in altre parole, cessioni di beni spediti o trasportati dal fornitore. Le cessioni devono implicare la spedizione dei beni con partenza in uno Stato membro e l’arrivo a destinazione in uno Stato membro diverso da quello di partenza.
Il regime MOSS (Mini One Stop Shop), già esistente per le vendite a consumatori finali, viene esteso alle vendite a distanza e a tutte le prestazioni di servizi verso i consumatori finali. Alcuni esempi di prestazioni di servizi a favore di consumatori finali sono le seguenti:

  • locazione finanziaria;
  • ristorazione e catering;
  • prestazioni connesse ad eventi;
  • servizi attinenti gli immobili;
  • prestazioni di trasporto di persone.

Le prestazioni in discorso sono imponibili nel Paese in cui avviene il consumo invece che nel Paese dove è ubicato il consumatore finale.

Per quanto concerne il regime OSS vi sono 2 varianti. La prima variante si definisce l’OSS UE, che si riferisce ai soggetti passivi che si iscrivono nello Stato membro di domicilio, nonché ai soggetti extra-UE con stabile organizzazione in un Paese membro UE ed ai soggetti extra-UE senza stabile organizzazione in UE, ma che hanno nominato un rappresentante fiscale. Esiste anche la variante OSS non-UE dedicato ai soggetti extra-UE senza stabile organizzazione in Europa. Il regime IOSS si riferisce ai beni spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto, oppure ai casi in cui il fornitore interviene indirettamente nel trasporto dei beni verso soggetti non passivi di imposta e verso soggetti destinatari di cessioni non imponibili, ad esclusione dei beni soggetti ad accise. I soggetti passivi potranno avvalersi del regime agevolato IOSS per le vendite a distanza di valore fino a 150 euro.

FMDN_gestione_aziendale
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[ Febbraio 27, 2022 0 Comments ]

Gestione aziendale

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Oggi si vuole riportare alcuni strumenti ATIPICI a disposizione delle aziende per la loro gestione.

Tra di essi ricordiamo:

1) Contratto di espansione – Il contratto di espansione, introdotto in via sperimentale dal D.Lgs. 148/2015, è un ammortizzatore sociale finalizzato ad agevolare le aziende nella gestione efficiente del cambiamento dei processi produttivi. La legge di Bilancio ha previsto:

  • una proroga del periodo sperimentale fino al 2023;
  • un ampliamento delle aziende potenzialmente interessate, riducendo il limite dimensionale minimo da 100 a 50 unità lavorative in organico (anche come gruppo di aziende);
  • un pre-pensionamento fino a una durata massima di 5 anni (60 mesi), mediante il quale i dipendenti interessati accedono, su base volontaria, a una risoluzione consensuale per potere raggiungere entro 5 anni o la pensione di vecchiaia o la pensione anticipata se decorrente prima dell’età pensionabile. I datori di lavoro sostengono il costo dell’assegno mensile, che equivale alla pensione maturata e certificata da Inps alla data. Inoltre, per il riconoscimento della pensione di anzianità i datori sosterranno il costo della contribuzione piena calcolata sulla media degli ultimi 4 anni di retribuzione;
  • di ridurre l’orario dei lavoratori non interessati dalle uscite utilizzando fino a 18 mesi di Cigs anche non continuativi (con una riduzione che può arrivare fino al 100%);
  • programmare nuove assunzioni (1 ogni 3 uscite per imprese con oltre 1.000 dipendenti).

2) Contratti di solidarietà – Le novità introdotte riguardanti i contratti di solidarietà hanno l’obiettivo di ridurre l’orario di lavoro dei lavoratori per evitare le dichiarazioni di esubero. Questi sono da stipulare attraverso la contrattazione aziendale e le novità sono rappresentate dall’elevazione delle percentuali collettive e individuali che le aziende devono rispettare per accedere all’istituto contrattuale. Infatti, la riduzione media massima complessiva dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati al contratto di solidarietà viene innalzato dal attuale 60% all’80%; mentre sempre da quest’anno la percentuale di riduzione complessiva massima dell’orario di lavoro, riferita all’arco dell’intero periodo per il quale il contratto di solidarietà è stipulato, viene elevata (per ogni dipendente) dal 70% al 90%.

 

3) Fondo PMI in crisi – La legge di Bilancio ha istituito, inoltre, presso il Ministero dello Sviluppo Economico un fondo volto a favorire l’uscita anticipata dal lavoro degli addetti delle PMI in crisi, che abbiano raggiunto almeno 62 anni.

4) Revisione degli ammortizzatori sociali – La riforma degli ammortizzatori sociali ha introdotto prestazioni integrative di reddito per la riduzione o la sospensione per un parterre più ampio di lavoratori ed aziende.

  • Nello specifico, per le aziende industriali, destinatarie della cassa integrazione ordinaria e straordinaria non cambiano gli strumenti a loro disposizione. In particolare, per le aziende fino a 15 dipendenti potranno godere del solo il trattamento ordinario (CIGO), mentre per quelle maggiori di 15 dipendenti è confermata sia la CIGO che la CIGS.
  • Per quanto riguarda invece le aziende non industriali vengono introdotte notevoli novità: dal 2022 anche le aziende con meno di 5 dipendenti (che non godevano, salvo durante la pandemia, di ammortizzatori sociali) verrà introdotta la tutela attraverso i fondi di solidarietà bilaterali o , in loro assenza, con il Fondo di integrazione salariale (FIS).

5) Incentivi alle assunzioni di personale impiegato in aziende in crisi – L’azienda che voglia assumere a tempo indeterminato un lavoratore in CIGS (o un lavoratore di aziende dove è aperto un tavolo di confronto per la gestione delle crisi aziendali presso l’apposita struttura per la crisi d’impresa) beneficerà di un incentivo pari al 50% dell’ammontare CIGS, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore e per una durata massima di 12 mesi.

6) Fondo nuove competenze – Si tratta di un provvedimento, rinnovato anche per il 2022, finalizzato a incentivare la ripresa lavorativa ed economica delle aziende in seguito allo scoppio della pandemia.

7) Esonero contributivo – Permane anche per il 2022, l’esonero contributivo per le stabilizzazioni dei giovani under 36. L’esonero dei contributi è riconosciuto massimo 36 mesi e per un limite di 6.000 euro annui.

8) Politiche attive per i lavoratori destinatari di CIGS – Le politiche attive, con il nuovo programma Gol, prevedono la destinazione di fondi alla formazione di lavoratori in cassa integrazione (ma non di giovani e disoccupati).
Inoltre, la legge di bilancio riscrive le regole sulla condizionalità, aprendo a una sorta di parziale compatibilità del trattamento di CIGS con il lavoro (se svolge un impiego subordinato superiore ai 6 mesi o un lavoro autonomo, durante il periodo di cassa, non si ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate – sotto i 6 mesi a termine il trattamento si sospende). Con il nuovo programma Gol debutteranno i 5 nuovi percorsi di accompagnamento alla ricollocazione: reinserimento lavorativo all’upskilling (attività formative tese a far crescere le competenze dei singoli dipendenti nel loro medesimo ruolo); dal reskilling (attività formative per insegnare loro quanto necessario per occuparsi di nuove attività) al percorso di lavoro ed inclusione, fino ad arrivare a un percorso ad hoc proprio per le crisi aziendali (ricollocazione collettiva).

Sperando di aver fatto cosa gradita abbiamo voluto ricordare alcune forme di gestione che potranno accompagnare l’azienda in alcuni momenti straordinari del proprio ciclo di vita.